Fu probabilmente vera e disinteressata curiosità linguistica quella che spinse il giornalista e scrittore Cesare Donati (1826-1913) a raccogliere, annotare e conservare vocaboli dalle fonti più disparate: questo scrupoloso, anche se non metodico, lavoro di spigolatura lo tenne occupato per numerosi anni.
Romagnolo di nascita, il Donati divise la sua fortunata carriera giornalistica tra Firenze, Torino e Roma: collaboratore e poi direttore di varie testate (tra cui l’«Eco d’Europa», lo «Spettatore» e l’«Indipendenza Italiana»), coltivò, parallelamente alla sua attività di burocrate (fu direttore di Divisione a Roma), la passione per la narrativa e la letteratura scolastica, lasciando un buon numero di opere.
Alla sua morte la figlia Ada De Benedetti, interpretando evidentemente la volontà del padre, donò la raccolta di schede lessicali all’Accademia della Crusca che venne così in possesso (il 20 maggio, appunto, del 1913), come si esprime nel Verbale l’accademico Isidoro Del Lungo, di un «prezioso archivio linguistico». La raccolta è attualmente conservata presso l’Archivio Storico dell’Accademia.
La formazione dell’imponente schedario, costituito da 26.935 fogli sciolti di vario formato e di natura eterogenea, comprendente tutte le lettere dell’alfabeto ad eccezione della E (ridotta ad una sola scheda lessicografica), dovette impegnare il Donati, a giudicare dalle date dei periodici spogliati, per circa un trentennio, dagli anni ottanta dell’Ottocento al primo decennio del Novecento.
Punto di forza della raccolta è la tipologia delle fonti. Il desiderio d’integrare il patrimonio lessicale dei repertori allora disponibili spinse il Donati a indagare in aree spesso trascurate, marginali o addirittura ignorate dalla lessicografia tradizionale, quali la pubblicistica (alcuni esempi sono tratti dalle “quarte pagine” dei giornali), la letteratura tecnologica e scientifica, la pubblicità. La fonte principale è costituita da periodici, italiani e stranieri: fra i 23 quotidiani sfogliati emergono, per quantità di attestazioni, «Il Giornale d’Italia», il «Corriere della Sera», e «La Tribuna», mentre fra gli oltre 90 settimanali, quindicinali, bimestrali e mensili consultati primeggiano la «Minerva», «Il Marzocco», «La Gazzetta agricola» e «La Domenica del Corriere». Di tutto rispetto anche la presenza di testi eterogenei quali calendari, almanacchi, strenne, annali, relazioni tecniche, prontuari, manuali di gastronomia, sociologia, storia e politica e cataloghi commerciali allora largamente circolanti e ora in buona parte irreperibili o difficilmente individuabili; tutti testi complementari rispetto ai “citati” dei vocabolari.
Da queste fonti, spogliate senza gli accorgimenti del tecnico, ma al tempo stesso con l’imparziale disponibilità del curioso dilettante, emerge una larga porzione di lessico che i vocabolari ignorano o documentano assai tardi. Donati annota, fra il lessico tradizionale, anche alterati (cognacchino, febbricola, flaconcino, giustizietta, leggina, magrolino, processone, ritocchino, teatralissimo, veglionissimo, ecc.), composti (cronaca sportiva, donne-avvocato, frangiflutti, gastrointestinale, materia cerebrale, pezzo grosso , piccolo-borghese, semilibertà, superrazza, ecc.), formazioni occasionali ed effimere (affarismo-piovra, ciclo-turista, uomo-avvenire, uomo-notizia, vendi-lacrime, ecc.), sintemi (articolo di fondo, bagno di luce, colpo d’occhio, danza del velo , malattia del sonno, ecc.), onomatopee (clic-clic, patatrac, ru-ru, taratantara, ecc.), interiezioni (puah / pouah / puhà, ecc.), locuzioni verbali o avverbiali (abbassare il livello, alla romana, cogliere in castagna, di gran cuore, prendere in giro ), forestierismi integrali (boulevardier, brahma pootre , dessert, detective, grand prix, ferry boat, Kulturkampf, kiusciù, recordman, reportage, struggle for life , self-made-man, Volksraad, yatagan, teuf-teuf, walk-over, ecc.) e adattati (fiacchere, grimassa, requino, scicche, yarde, usina, ecc.), latinismi integrali ( in diebus illis , lento pede, ecc.), nomi industriali e pubblicitari ( amaro Ramazzotti , Cordial Campari, creolina, lysoform, Milka, Plasmon-cacao, ecc.), voci dialettali (abbacchieria, mondezzaro, pastarolo, sbafatore, ecc.) e addirittura nomi propri, cognomi, coronimi e toponimi (Azeglio, Bixio, Ciad, Kilimangiaro, Lincoln, Nautilus, Nigeria, Oxford, Tanganika, ecc.). Fatta un’abbondante tara delle registrazioni inutilizzabili (soprattutto per mancanza di indicazione delle fonti o dei dati topografici indispensabili) rimane pur sempre disponibile una documentazione vastissima di trent’anni, anni capitali come furono quelli a cavallo dei due secoli, di vita italiana riflessa nel vocabolario.
(Silvia Dardi)